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La “mousiness” nel vino: una vecchia sfida che riaffiora… e come la qPCR può aiutarci

La mousiness (traducibile come “sentore di topo”) sta tornando in auge. Considerato per lungo tempo un difetto raro associato alla vinificazione naturale o a basso intervento, questo sapore sgradevole viene sempre più spesso segnalato in una gamma più ampia di vini, compresi gli stili tradizionali. Per le cantine e i laboratori, rappresenta una sfida sia sensoriale che microbiologica. Fortunatamente, strumenti moderni come la real-time PCR possono portare chiarezza e controllo su un difetto altrimenti sfuggente.

Che cos’è la mousiness?

È un difetto del vino che produce un odore e un sapore sgradevole di gabbia di topi o di nocciola-metallo. Ciò che lo rende particolarmente frustrante è la sua percezione ritardata: l’odore appare spesso solo dopo la deglutizione e di solito impiega alcuni secondi per formarsi, rendendolo difficile da rilevare durante le degustazioni standard.

Le sostanze responsabili della mousiness sono le basi volatili N-eterocicliche 2-acetiltetraidropiridina (ACTPY), che è il principale composto responsabile, 2-etil-tetraidropiridina (ETPY) e 2-acetilpirrolina (ACPY). Questi composti non sono volatili a pH acido e diventano percepibili in bocca solo quando il pH aumenta. Ciò rende la rilevazione soggettiva e fortemente influenzata dalla sensibilità dell’assaggiatore.

Chi (o cosa) la causa?

L’odore di topo è legato principalmente ad alcuni batteri lattici (LAB), in particolare ceppi di Lactobacillus hilgardii, Oenococcus oeni e Pediococcus. Possono contribuire anche alcuni ceppi di Dekkera/Brettanomyces.

La formazione dell’odore dipende da diversi fattori, quali:

  • Valori elevati di pH
  • Bassi livelli di anidride solforosa (SO₂)
  • Esposizione all’aria/ossigeno
  • Chiarificazione o filtrazione minima
  • Profili di amminoacidi nel vino (soprattutto lisina)

Perché è di nuovo in aumento?

La ricomparsa dell’odore di topo è legata a diverse tendenze della viticoltura moderna:

  • La crescente popolarità dei vini naturali e a basso intervento, spesso con SO₂ e filtrazione minime
  • Annate più calde, che portano a vini con pH più elevato, che favoriscono la crescita dei LAB e la percezione dell’odore di topo.
  • Cambiamenti nel microbiota del vino dovuti al clima, all’igiene della cantina e al riutilizzo delle attrezzature.

Man mano che gli enologi si spingono oltre i limiti dello stile e della fermentazione, l’ecosistema microbico diventa più complesso e talvolta imprevedibile.

Come può essere utile la real-time PCR

La mousiness deve essere gestita in modo proattivo e preventivo durante il processo di produzione, in quanto non può essere eliminata con il processo di chiarificazione. I metodi di rilevamento tradizionali (ad esempio, basati su colture o sensori) sono spesso troppo lenti o inaffidabili. È qui che la real-time PCR si fa notare.

I nostri kit di RT-PCR della linea GEN-IAL consentono:

  • individuazione rapida e specifica di organismi di deterioramento chiave come Lactobacillus spp., Pediococcus spp. e Brettanomyces / Dekkera.
  • kit multiplex per la rilevazione simultanea di più organismi di deterioramento in un unico test, ideali per l’uso durante il monitoraggio della FML, i controlli dell’igiene di cantina o la risoluzione di problemi nei vini imbottigliati.
  • quantificazione di Dekkera bruxellensis per valutare i livelli di rischio.
  • supporto per decisioni preventive prima dell’imbottigliamento o durante l’invecchiamento in botte.

Essere proattivi, non reattivi

Sia che si producano vini classici o naturali, l’individuazione precoce e il monitoraggio microbico sono fondamentali per gestire i difetti del vino, come l’odore di topo. Con gli strumenti giusti, tra cui i nostri kit GEN-IAL qPCR, le cantine e i laboratori possono assumere il controllo e garantire l’integrità sensoriale, bottiglia dopo bottiglia.

Per maggiori informazioni, visita la pagina dedicata all’analisi del vino o contatta il team di R-Biopharm: