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La minaccia nascosta nel caffè: tutto quello che devi sapere su Ocratossina A e funghi
Il monitoraggio e il controllo negli alimenti delle micotossine, come l’ocratossina A (OTA), non comporta solo analisi di routine, ma anche l’identificazione delle fonti di infezione fungina. Questo è fondamentale per i prodotti di alto valore come il caffè, dove l’OTA può avere un impatto significativo sui prezzi di mercato per i produttori.
Studiando la contaminazione da OTA nel caffè
Un recente studio pubblicato da Rodríguez et al. sulla rivista Postharvest Biology and Technology ha analizzato in modo approfondito la contaminazione da OTA nel caffè Robusta della Costa d’Avorio lavorato in modo diverso. Lo studio ha impiegato metodi precisi, tra cui le colonne di immunoaffinità R-Biopharm OCHRAPREP® e la fluorescenza LC per una determinazione accurata dell’OTA. Inoltre, è stata eseguita l’analisi del DNA per esplorare le diverse specie fungine presenti in cinque fasi di lavorazione, che prevedevano l’ammollo, l’ammasso e l’essiccazione delle ciliegie di caffè per un massimo di 37 giorni.
La ricerca ha evidenziato una complessità con 180 diversi generi fungini identificati. Sono state osservate variazioni nella composizione e nell’abbondanza delle prime dieci specie fungine tra le diverse strategie di gestione post-raccolta. In particolare, sono state trovate comunità fungine diverse sul caffè essiccato rispetto ai chicchi appena raccolti.
I livelli di ocratossina A nelle fasi di lavorazione del caffè
Lo studio ha evidenziato una correlazione tra l’aumento dei livelli di OTA e un maggiore sviluppo del fungo ocratossigeno A. carbonarius. È interessante notare che i trattamenti di ammollo o ammassamento non hanno influenzato in modo significativo l’accumulo di OTA, mentre l’essiccazione prolungata in cumulo ha favorito la produzione di OTA da parte di questi funghi.
L’OTA è stata rilevata in tutti i campioni, con valori che vanno da 3,6 μg/kg nel caffè appena raccolto a 760 μg/kg nel caffè essiccato, superando il limite massimo fissato dall’UE di 3 μg/kg per il caffè tostato.
Questi risultati sottolineano l’importanza di un’accurata misurazione dell’OTA durante l’intera lavorazione del caffè per identificare differenze sottili ma significative nei livelli di contaminazione. Nonostante la riduzione dell’OTA durante la tostatura, questi risultati rappresentano una sfida per l’esportazione del caffè, sottolineando la necessità di misure rigorose di controllo della qualità.
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